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Anna Camilla Mannino
Università Sapienza di Roma
Dipartimento di Medicina Sperimentale

Coautori

Emocromatosi

L’emocromatosi è una patologia ereditaria del metabolismo del ferro. E’ caratterizzata da un anomalo assorbimento del ferro che causa un eccessivo accumulo a livello parenchimale, con conseguente danno tissutale e alterata funzionalità degli organi colpiti.

Sono stati identificati 4 sottotipi di Emocromatosi in base al gene responsabile (Tabella 1). La mutazione più frequente è a carico del gene HFE (braccio corto cromosoma 6), correlato con il locus HLA-A. Altre forme sono dovute a mutazioni di altri geni, e può esserci anche un sovraccarico di ferro secondario (trasfusione, epatopatie, aumentato assorbimento, anemie).

EMOCROMATOSI EREDITARIA

TIPO 1
(Autosomica recessiva)
HFE
OMOZIGOSI C282Y
– ETEROZIGOSI COMPOSTA C282Y/H63D
TIPO 2
(Forma giovanile severa autosomica recessiva, insorge precocemente e causa morte entro i 30 anni)
HJV
– TIPO 2A, mutazione emojuvelina
HAMP
– TIPO 2B, mutazione epcidina
TIPO 3
(Autosomica recessiva)
TFR2
– mutazione recettore della transferrina 2
TIPO 4
(Autosomica dominante, detta ferroportinopatia)
SLC40A1
– mutazione del gene della ferroportina 1
A. cellule di Kupffer ed epatociti
B. simile a emocromatosi di tipo 1
Tabella 1. Classificazione dell’emocromatosi in base al gene responsabile

Epidemiologia

L’emocromatosi di tipo 1 è una delle malattie genetiche più comuni, diffusa soprattutto nel Nord-Europa (1/300-350) con il 10% di eterozigoti e 0,3-0,5% di omozigoti. Il consumo di alcool, l’apporto di ferro con la dieta, il flusso mestruale, le donazioni di sangue e la gravidanza sono fattori che influiscono sulla manifestazione della malattia.

Assorbimento del ferro

Il ferro viene assunto attraverso l’alimentazione. Nell’uomo adulto sono presenti 4-5g di ferro, bilanciato tra ferro introdotto ed eliminato (1mg/die nell’uomo e 1.5mg/die nella donna in età fertile). Il fabbisogno è di 10-30mg/die. L’acidità dello stomaco permette la dissociazione del ferro dagli alimenti rendendolo disponibile per l’assorbimento a livello duodenale. Una parte del ferro viene accumulata sotto forma di ferritina, un’altra parte passa nel sangue grazie alla ferroportina-1 (gene SLC40A1). Il ferro nel sangue lega la transferrina (trasportatore di ferro plasmatico) che lo trasporta a midollo e fegato. L’omeostasi è regolata dall’epcidina (gene HAMP) che downregola la ferroportina, mantenendo in equilibrio i depositi. Altre proteine influiscono sulla produzione di transferrina: HFE, TFR2, Emojuvelina.

Patogenesi

Nella maggior parte dei casi di emocromatosi si verificano mutazioni del gene HFE che ne alterano la funzione, e sono responsabili della malattia: C282Y (sostituzione di CYS con TYR al codone 282) e H63D (sostituzione di HIS con ASP al codone 63). La mutazione C282Y in omozigosi causa manifestazioni tipiche dell’emocromatosi; nel caso di eterozigoti composti (C282Y e H63D) ci può essere incremento lieve dei depositi di ferro; in soggetti in omozigosi H63D non c’è sovraccarico.

La mutazione C282Y causa la riduzione dell’assorbimento di ferro TfR-1 mediato, e di conseguenza si verifica un aumentato assorbimento (superiore a 5mg/die) mediato dalla DMT-1 (proteina di trasporto dei metalli bivalenti) che si attiva eccessivamente. Il ferro in eccesso causa l’aumento del ferro sierico, della saturazione della transferrina e della ferritina plasmatica. Il contenuto di ferro aumenta negli stadi avanzati della malattia (20g) con deposito a livello di fegato, pancreas, cuore e ipofisi e conseguente danno ossidativo e fibrosi.

Clinica

La sintomatologia è causata dal danno mediato dall’accumulo di ferro (depositi di emosiderina) a livello degli organi parenchimatosi. Insorge progressivamente dopo i 40-50 anni di età (a eccezione del tipo 2). La manifestazione clinica è molto variabile: l’emocromatosi spesso esordisce con ipogonadismo, a cui segue un’alterata pigmentazione della cute (colorito bruno per aumento della quantità di melanina, colorito grigiastro per accumulo di emosiderina in fibroblasti, macrofagi dermici e ghiandole sudoripare), diabete mellito per il danno delle isole pancreatiche, manifestazioni cardiologiche, artropatia emocromatosica (emosiderina sulla membrana sinoviale) e cirrosi.

Associazione tra Emocromatosi e Diabete

La prevalenza del diabete in corso di emocromatosi è del 20-40%; la prevalenza sembra tuttavia in riduzione con il progressivo aumento della disponibilità di test genetici, che permettono una diagnosi più precoce, prima che il pancreas sia irreversibilmente danneggiato.

E’ stata valutata la prevalenza del gene HFE nei soggetti con diabete, senza risultati significativi; per questo motivo, il test genetico non è indicato come esame di routine nel diabete. Nonostante l’emocromatosi sia più spesso erroneamente diagnosticata come diabete di tipo 2, può in alcuni casi mascherare anche un esordio di LADA.

Nell’emocromatosi, l’insorgenza del diabete è dovuta inizialmente allo sviluppo di insulino-resistenza, da attribuire alla ridotta sensibilità delle cellule epatiche all’insulina, per accumulo di ferro. Questa condizione evolve progressivamente da uno stadio di intolleranza glucidica a diabete conclamato per distruzione delle b-cellule, con sviluppo di insulino-dipendenza. La definizione di diabete bronzino si spiega con la presenza di diabete in associazione con iperpigmentazione cutanea.

Diagnosi

Gli esami da eseguire sono: dosaggio del ferro sierico, saturazione della transferrina (valore normale < 45%), ferritina sierica. Inizialmente i valori di ferritina possono risultare normali. In caso di solo aumento della transferrina bisogna escludere infezioni, neoplasie, alcolismo e altre cause che possono essere responsabili di un aumento aspecifico. Nell’emocromatosi la saturazione della transferrina è la prima indicazione per la diagnosi.

Test genetici

Per la diagnosi deve essere effettuata la ricerca molecolare del gene HFE. Se il paziente risulta omozigote C282Y o eterozigote composto C282Y-H63D, in base ai valori di ferritina sierica, si potrà effettuare una biopsia epatica per confermare il sovraccarico di ferro a livello epatico.

In caso di positività ai test genetici è indicato effettuare uno screening estendendo la ricerca delle mutazioni, la misurazione della saturazione della transferrina e della ferritinemia anche ai familiari del paziente (in particolare sui figli di genitori affetti).

Terapia

Si rimuove il ferro in eccesso tramite:

  • Flebotomia (salassoterapia), si preleva in maniera regolare il sangue (la quantità si decide in base al paziente da trattare) per ripristinare il normale livello di ferro plasmatico. Consiste di una fase di induzione e una di mantenimento per prevenire il riaccumulo di ferro.
  • Farmaci chelanti (Deferoxamina, Deferiprone, Deferasirox), per favorire l’escrezione di ferro con urine e feci. E’ indicato iniziare la terapia chelante in presenza di concentrazioni di ferritina sierica superiori a 1000mcg/L o dopo 10-20 trasfusioni.

E’ indicato ridurre l’apporto di carni rosse, crostacei, alcol e altri alimenti che forniscono un elevato apporto di ferro, e per favorirne l’eliminazione è utile assumere fibre.

La terapia ipoglicemizzante richiede generalmente un trattamento insulinico.

Prognosi

I pazienti non trattati e che presentano complicanze come insufficienza cardiaca, cirrosi, diabete e epatocarcinoma hanno un elevato tasso di mortalità, con sopravvivenza a 10 anni del 6%. I pazienti trattati con salassoterapia hanno una sopravvivenza a 10 anni del 32% circa

Referenze

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