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Francesca Cinti
Policlinico Gemelli, Roma

Coautori

Pancreas e isole di Langerhans

Il compartimento endocrino del pancreas (che corrisponde solo all’1-2% del volume pancreatico totale nell’adulto e al 10% nel neonato) è costituito dalle isole di Langerhans, dal nome di chi per primo le descrisse nel 1869. Queste, anche denominate “micro-organi endocrini”, regolano l’omeostasi glucidica e sono composte da cinque tipi cellulari maggiori (cellule β che producono insulina, cellule α che producono glucagone, cellule δ somatostatina, cellule PP polipeptide pancreatico, e cellule ε grelina).
La distribuzione di tali isole varia notevolmente all’interno del pancreas, con una maggiore densità (quasi il doppio) a livello della coda rispetto alla porzione testa/corpo.
Diversi studi sull’istologia del pancreas umano hanno descritto un’organizzazione architetturale delle isole differente dal modello murino, dove le α cellule circondano le β cellule, a loro volta principalmente distribuite al centro dell’isola. Nell’uomo, invece, le β cellule sono frammiste alle α cellule e alle altre componenti cellulari, suggerendo una costante interazione tra i diversi citotipi. Infatti, tale architettura è stata principalmente osservata nelle isole più grandi (100 um), ovvero nelle isole in cui per cause fisiologiche (i.e. gravidanza) o per cause patologiche (i.e. obesità), sia stato richiesto un adattamento strutturale al fine di garantire un’adeguata secrezione di insulina, mentre nelle isole più piccole (50 um) sembra conservarsi una struttura simile al modello murino​1​.

Isole di Langerhans nel prediabete: la plasticità insulare

La capacità delle isole di rimodellarsi a seconda delle necessità metaboliche dell’individuo è nota con il termine di plasticità insulare. Tale affascinante meccanismo è ormai diventato oggetto di numerosi studi scientifici e sembra accompagnare l’individuo in differenti periodi della vita (neonatale, gravidanza, invecchiamento) e in differenti condizioni fisiopatologiche (obesità, alterato metabolismo glucidico, diabete).
Nelle donne gravide, ad esempio, è stato descritto un aumento del 40% del volume relativo delle cellule β (percentuale di cellule β / pancreas)​2​. Un altro modello di compensazione fisiologica delle cellule β è l’obesità, che può portare ad un aumento di 30 volte della massa β cellulare nei topi, ma solo un aumento del 30% nell’uomo​3​.
È stato ipotizzato che alla base di tale plasticità possa esserci l’insulino-resistenza. Cambiamenti simili infatti sono stati osservati nei campioni pancreatici di soggetti non diabetici, classificati in insulino-resistenti ed insulino-sensibili mediante la tecnica del clamp euglicemico iperinsulinemico. In tali soggetti è stato osservato come l’insulino-resistenza cronica, in assenza di iperglicemia, influenza direttamente la morfologia insulare. Nei soggetti insulino-resistenti è stato infatti descritto un aumento del 50% dell’area endocrina occupata dalle cellule β rispetto ai controlli insulino-sensibili, in assenza di ipertrofia β cellulare, suggerendo un meccanismo iperplastico alla base​4​.
L’origine precisa delle nuove potenziali cellule β è ancora oggetto di studi. Replicazione, apoptosi, neogenesi e transdifferenziazione (cioè transdifferenziazione di cellule α in cellule β e / o transdifferenziazione delle cellule epiteliali acinoso/duttali in cellule produttrici insulina) sono tutte valide ipotesi, ma che necessitano ulteriori conferme (recentemente riassunte su Cell Metabolism nella review di Bonner-Weir, ​5​).
Nell’uomo, le cellule duttali del pancreas sono state proposte come possibile fonte delle “nuove” cellule β. Ad esempio, un aumento di circa 3 volte delle cellule che co-esprimono insulina e la citocheratina 19, marcatore delle cellule duttali, è stato osservato in individui con insulino-resistenza o ridotta tolleranza al glucosio​4,6​. Tuttavia, poiché questi sono studi di correlazione, l’origine della cellula del dotto positiva all’insulina non è ad oggi ancora chiara.
Un’altra potenziale fonte delle “nuove” cellule β potrebbero essere le cellule α. La transdifferenziazione delle cellule α in cellule β è stata infatti osservata in diversi studi e in diversi set sperimentali. Nell’uomo è stato descritto un aumento della percentuale di cellule positive bi-ormonali, ossia positive sia all’insulina sia al glucagone, in individui insulino-resistenti e con alterata tolleranza glucidica. Questo aumento delle cellule bi-ormonali era più evidente nelle isole più grandi rispetto a quelle più piccole, suggerendo un continuo tentativo di rispondere a una maggiore richiesta di insulina nonostante la dimensione dell’isola fosse già aumentata. La disfunzione delle cellule β valutata in vivo è stata poi correlata positivamente alle dimensioni delle isole e alla percentuale di transdifferenziazione da α a β, suggerendo che le stesse cellule β, funzionalmente alterate, possano emettere segnali per stimolare meccanismi di compenso. Pertanto, le cellule β, trovandosi in una condizione metabolica sfavorevole in cui venga richiesta una maggiore secrezione insulinica, potrebbero esse stesse guidare l’aumento della massa β cellulare, promuovendo i differenti meccanismi di compenso precedentemente descritti​6,7​ .

Isole di Langerhans nel diabete di tipo 2: la dedifferenziazione β cellulare

Nonostante i suddetti tentativi di compenso, la storia naturale del diabete è caratterizzata dalla riduzione della massa β cellulare. Fino a pochi anni fa, la morte delle cellule β era considerata il principale meccanismo alla base di questo declino. Tuttavia i dati sui roditori, e degli studi umani di correlazione, hanno recentemente introdotto una nuova promettente alternativa. Attraverso esperimenti di lineage tracing (metodica che permette di tracciare le cellule, anche se si trasformano da un tipo ad un altro), è stato dimostrato che le cellule β di modelli murini di diabete tipo 2 non vanno incontro a morte cellulare, bensì ritornano ad uno stato simile alla cellula progenitrice, ossia dedifferenziano. È stato infatti dimostrato che non vi è una differenza significativa nel numero di cellule endocrine che compongono le isole di Langerhans tra i diabetici e non, escludendo la morte cellulare come principale causa di riduzione della massa β cellulare che si osserva nel diabete di tipo 2. Ciò sembra verificarsi anche negli esseri umani, dove è stato confermato che il numero di cellule endocrine che compongono l’isola non si modifica nel diabete tipo 2 e che le cellule β dedifferenziate rappresentano il 30% delle cellule β nei pazienti diabetici ​8,9​
È stato inoltre osservato che parte di queste β cellule si convertono in cellule α (transdifferenziazione da β ad α cellula), confermando la plasticità delle isole osservata nei modelli prediabetici e fornendo una potenziale spiegazione dell’iperglucagonemia che si riscontra nei soggetti diabetici​9​.
L’ipotesi è che le cellule β sottoposte allo stress iperglicemico dedifferenzino per trovare riposo e per sfuggire all’apoptosi, preservando la ri-differenziazione a condizioni metaboliche più favorevoli. Sono ormai diversi gli studi che, in vivo ed in vitro, hanno dimostrato la reversibilità di tale processo, fornendo un ulteriore impulso per la ricerca di target molecolari o genetici per modulare questo meccanismo nell’uomo. ​10,11​
Resta pertanto difficile (e limitante) fornire una semplice ed univoca descrizione delle Isole di Langerhans, se non la si rapporta alla condizione fisiopatologica dell’individuo.
Ulteriori indagini sono necessarie per definire meglio questo intrigante processo di plasticità che sembra iniziare con la resistenza insulinica ma che continua fino ai fenotipi più gravi della malattia diabetica (Figura 1).

Figura 1

Figura 1

Bibliografia

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