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Rossella Mazzilli
Università “La Sapienza”, Roma, Ospedale Sant’Andrea
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare

Coautori

Omeostasi Glucidica ed Età

L’omeostasi glucidica può essere definita come la capacità del nostro organismo di mantenere i valori della glicemia nei limiti di norma, e dunque un equilibrio tra l’introito, l’utilizzo e la produzione endogena di glucosio. Ciò permette di assicurare un adeguato apporto di glucosio ai vari organi, nonché di contenere le oscillazioni glicemiche.

Questo importante equilibrio è reso possibile dall’azione combinata dell’insulina, ormone ipoglicemizzante, e degli ormoni “contro-insulari”, quali il glucagone, l’adrenalina, il cortisolo e il GH. Nello specifico, insulina e glucagone svolgono effetti regolatori opposti: durante il digiuno sono presenti bassi livelli di insulina e elevati livelli di glucagone, il quale favorisce la gluconeogenesi e la glicogenolisi epatica. Al contrario, dopo il pasto aumentano i livelli di insulina, che favorisce la captazione e l’utilizzo del glucosio da parte dei tessuti.

Il digiuno, l’esercizio fisico prolungato e le condizioni di stress/distress possono ledere questo equilibrio, ma anche l’invecchiamento sembrerebbe avere un impatto negativo proprio sull’omeostasi glucidica​1​.

Alcuni studi hanno evidenziato un aumento dei livelli di glicemia a digiuno di circa 9-10 mg/dl per ogni decade di età, così come un progressivo peggioramento dei valori di glicemia dopo carico orale di glucosio (OGTT). Nei soggetti con età superiore ai 60 anni è molto frequente l’iperglicemia post-OGTT isolata, con valori inferiori a 126 mg/dl a digiuno e maggiori di 200 mg/dl a 2 ore dal carico​2​.

I meccanismi implicati nell’alterazione dell’omeostasi sembrerebbero essere dovuti a: a) alterata secrezione insulinica, con riduzione dell’ampiezza e della frequenza della secrezione; b) ridotta risposta alle oscillazioni della glicemia da parte dell’insulina e degli ormoni contro-regolatori; c) un aumento della clearance insulinica​3​ (Tabella 1).

In presenza di diabete di tipo 2 è ben noto che la produzione di insulina è alterata rispetto al soggetto sano. Tuttavia, anche negli anziani non diabetici possono verificarsi alterazioni analoghe della secrezione insulinica.

Studi in vitro e nel modello animale hanno dimostrato come l’età possa influire negativamente sulla funzione beta-cellulare, alterando la secrezione insulinica stimolata dal glucosio (glucose-stimulated insulin secretion – GSIS)​4​. In alcuni casi la GSIS risulta aumentata e questo comporta una produzione eccessiva di insulina nell’ambito di una condizione di insulino-resistenza​5​.

Durante l’invecchiamento, il progressivo aumento del tessuto adiposo viscerale e la riduzione della massa muscolare contribuiscono in modo decisivo alla progressiva riduzione dell’azione dell’insulina. Infatti, il grado di obesità e il sito di deposizione di tessuto adiposo sembrano essere le variabili cruciali che determinano l’efficacia dell’azione dell’insulina​6​.

Inoltre, il fegato ha un importante ruolo nel metabolismo glucidico poiché l’insulina è secreta nella circolazione portale e raggiunge il circolo periferico dopo la metabolizzazione epatica. Un’alterata secrezione insulinica avrà, di conseguenza, una ripercussione sul metabolismo glucidico epatico, ad esempio alterandone la capacità di soppressione della gluconeogenesi. Inoltre, altri fattori capaci di interferire con il metabolismo glucidico sono le citochine pro-infiammatorie e gli acidi grassi liberi (FFA, dall’inglese Free Fatty Acids).

L’aging, infine, può essere responsabile anche di alterazioni degli ormoni contro-regolatori in risposta a bassi livelli di glicemia, principalmente glucagone e GH. Nei pazienti in trattamento farmacologico con sulfaniluree o insulina ciò può incrementare il rischio di gravi ipoglicemie. Tale aumento del rischio può essere particolarmente elevato, se si tiene conto anche della riduzione della ridotta capacità del sistema nervoso centrale ed autonomico di percepire la riduzione della glicemia.

Tutti questi fattori si riflettono nell’aumentata prevalenza di disturbi metabolici nell’anziano, tra cui l’obesità, le dislipidemie e, soprattutto, il diabete​7​. Le linee guida dell’ADA, infatti, riportano che dopo i 65 anni, una persona su 4 è affetta da diabete e la metà presenta una condizione di prediabete​8​. In conclusione, l’età può essere considerata un importante fattore di rischio per le alterazioni dell’omeostasi glicemica, sia nel soggetto diabetico, sia nel non diabetico.

16823478Tabella 1. Principali alterazioni dell’om1682347816823478eostasi glicemica legate all’età.

Bibliografia

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