Il glucagone è un ormone polipeptidico composto da 29 amminoacidi secreto principalmente dal pancreas, più precisamente dalle cellule alfa delle isole di Langerhans. Le isole pancreatiche costituiscono un agglomerato di cellule formato da tre tipi di cellule α, β, δ che costituiscono la parte endocrina di questa ghiandola. Quelle di tipo β costituiscono circa il 70 – 90% delle cellule endocrine totali e sono tipicamente localizzate nella regione centrale delle isole. Le cellule α invece costituiscono la quasi totalità delle restanti cellule insulari e sono generalmente disposte alla periferia dell’isola a formare una zona corticale che circonda le cellule β situate centralmente (figura 1). La restante parte cellulare del parenchima viene rappresentato delle cellule δ, responsabili della produzione di somatostatina.
Il glucagone deriva dal proglucagone, un peptide di peso molecolare molto maggiore. Il gene del proglucagone è espresso oltre che nel pancreas anche nelle cellule L dell’intestino tenue e nel sistema nervoso centrale a livello ipotalamico. La traduzione di tale gene risulta in un polipeptide di 160 amminoacidi. Tuttavia, tale peptide viene tagliato in punti diversi formando prodotti finali differenti dal glucagone. Il processamento di questo peptide in glucagone, Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1) e Glucagon-like peptide-2 (GLP-2) dipende da modificazioni post-traduzionali mediate da enzimi (pro-ormone convertasi, PC) che agiscono in maniera diversa a seconda della diversa sede in cui si trovano (figura 2).
Pertanto il glucagone è il prodotto finale ottenuto a livello pancreatico, mentre il GLP-1 e GLP-2 sono prodotti di formazione a carico delle cellule L intestinali.
Secrezione di glucagone – Il principale segnale di stimolo alla produzione di glucagone è la diminuzione della glicemia ematica come illustrato nelle figure 3 e 4. L’effetto della glicemia sulla secrezione di glucagone appare pertanto esattamente opposto a quello esercitato sulla secrezione dell’insulina. Altri segnali di stimolo alla secrezione di glucagone sono rappresentati da alcuni amminoacidi quali: arginina, alanina, glutammina e, in misura minore, leucina e lisina oltre che dall’aumento dei livelli circolati di acidi grassi. Tali segnali spiegano il motivo per cui, sebbene la somministrazione orale di glucosio sopprima la secrezione di glucagone, nel normale stato post-prandiale, la secrezione di glucagone può aumentare leggermente in soggetti sani dopo l’ingestione di pasti misti in misura dipendente della composizione del pasto (1) (figura 3). Il principale segnale di inibizione al rilascio di glucagone è rappresentato dall’insulina oltre che dalla somatostatina.
Effetti metabolici del glucagone – Le principali azioni fisiologiche del glucagone sono esercitate a livello epatico. Le sue funzioni sono espletate tramite il legame con il suo recettore (GCG-R) di tipo accoppiato alle proteine G che si trova espresso sulla membrana degli epatociti. L’interazione dell’ormone di interesse con il suo recettore, determina un aumento delle concentrazioni intracellulari di cAMP mediato dall’attivazione dell’adenilato ciclasi. L’aumento dei livelli di cAMP comporta una serie di reazioni a cascata che hanno come effetto finale la promozione della glicogenolisi epatica che induce un aumento dei livelli di glicemia entro pochi minuti. Tale successione di reazioni consente per ogni prodotto a valle della via, di ottiene una quantità superiore rispetto al prodotto a monte, in un classico meccanismo di amplificazione. Questo spiega il motivo per cui bastano solo pochi microgrammi di glucagone per far più che raddoppiare la glicemia in pochi minuti. Alla dose di 1 μg/Kg di peso corporeo il glucagone può far aumentare la glicemia entro 20 minuti di 20 mg/dl di sangue (2) il che caratterizza il glucagone come un ormone dell’azione iperglicemizzante.
L’azione del glucagone sul fegato gioca pertanto un ruolo chiave nell’omeostasi glicemica in particolare nelle risposte controregolatorie adattative a condizioni ipoglicemiche e al digiuno (figura 4).
Il glucagone agisce anche sul metabolismo lipidico. Per lo stesso meccanismo riportato precedentemente, il glucagone aumenta la concentrazioni di cAMP nell’adipocita e ciò innesca una serie di fosforilazioni a valle che portano all’attivazione della lipasi ormone-sensibile, stimolando così la lipolisi nel tessuto adiposo e il rilascio in circolo di acidi grassi liberi e attivando la via della β-ossidazione in altri tessuti come muscolo e fegato. A livello epatico, questo processo determina anche la produzione di corpi chetonici che vengono secreti nella circolazione per essere utilizzati come combustibili alternativi al glucosio nei tessuti periferici.
L’assenza o l’incapacità di utilizzare l’insulina in presenza di normali o aumentati livelli di glucagone una delle più temute complicanze del diabete ossia, la chetoacidosi diabetica.
Applicazione clinica (o implicazioni terapeutiche) – Nel percorso assistenziale del paziente affetto da diabete sappiamo essere necessario istruire il paziente stesso a ricorrere a delle correzioni glicemiche li dove vengano riscontrate situazioni di ipoglicemia.
La principale raccomandazione all’ipoglicemia lieve-moderata consiste nell’assunzione di 15 gr di glucosio per via orale (o, in dosi equivalenti, qualunque forma di carboidrati preferibilmente zuccheri semplici) con effetti evidenti riscontrabili già 15 minuti dopo l’azione correttiva.
In condizioni di ipoglicemie gravi, l’infusione di glucosio per via endovenosa rappresenta il trattamento di scelta a scopo correttivo. Qualora non sia possibile ricorrere ad un accesso venoso, esempio quando ci si trova in una situazione extra-ospedaliera o comunque lontano da un pronto soccorso, la correzione deve essere effettuata utilizzando il glucagone tramite siringhe pre-riempite di 1 mg per adulti e bambini sopra i 12 anni di età o di 0,5 mg per i bambini di età inferiore ai 12 anni (3)(4).
Il glucagone deve essere disponibile per tutti i pazienti a rischio di ipoglicemie, quali quelli in trattamento con sulfoniluree o insulina, e può essere somministrato a chi ne necessita per via intramuscolare o sottocutanea senza la presenza di un professionista sanitario. Per tale ragione è importante che anche coloro che si trovano in stretto contatto o che hanno in cura il paziente diabetico a rischio ipoglicemico vengano adeguatamente istruiti su quando e come usare i kit di glucagone.
Bibliografia
- J.E. Campbell, D.J. Drucker, Islet α cells and glucagon – critical regulators of energy homeostasis, in “Nature Reviews Endocrinology”, 2015, pp. 1 – 10.
- A.C Guyton, J.E Hall, Textbook of Medical Physiology, 2011, pp. 947 – 949.
- Associazione Medici Diabetologi (AMD) – Società Italiana di Diabetologia (SID), Standard italiani per la cura del diabete mellito, 2018
- American Diabetes Association (ADA), Standards of Medical Care in Diabetes, 2018
Bibliografia delle figure
- Figura 1: Edit by the author from www.morizu.com
- Figura 2: Edit by the author from J.E. Campbell, D.J. Drucker, Islet α cells and glucagon – critical regulators of energy homeostasis, in “Nature Reviews Endocrinology”, 2015, pp. 1 – 10.
- Figura 3: Edit by the author from L. Marroqui et al., Nutrient regulation of glucagon secretion: involvement in metabolism and diabetes, in “Nutrition Research Reviews”, 2014, pp. 48 – 62.
- Figura 4: Edit by the author from E. D’Angelo et al., Fisiologia, 2012, pp. 518 – 519.